Archivi per febbraio, 2011

SANREMO 2: LE PAGELLE DI ALDO GRASSO

Pubblicato il 20 febbraio, 2011 in Costume, Cronaca, Musica | No Comments »


Gianmarco Mazzi

6 – Gianni Morandi
Non si può voler male a Morandi. Come presentatore è un disastro, non ha i tempi, non ha presenza scenica, sparisce in mezzo alle sue vallette e ai suoi valletti, ha la schiena un po’ incurvata, tipica di noi, braccia scampate all’agricoltura. Ma è un maratoneta della simpatia.

9 – Roberto Benigni
Impresa ardua la sua: tenere un’appassionata lezione di storia patria e sdoganare l’Inno di Mameli. Fra le celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia finora è stata la performance più riuscita, capace di unire profondità di pensiero e senso dell’ironia. Quando riuscirà a liberarsi di Lucio Presta (la paga s’è desta)?

Gianni Morandi con Luca e Paolo a Sanremo 2011

4 – Antonella Clerici
L’idea di aprire il Festival di Sanremo esibendo la figlioletta è da Telefono Azzurro. Tanto più che lo scorso anno, a proposito di Povia, le fu chiesto: «Manderebbe sua figlia sul palco a ballare su una canzone sull’eutanasia?» E lei: «Assolutamente no, ma io non la vorrei vedere in generale sul palco».

6 – Belén Rodriguez
Con quella bocca (peccato l’innaturale rigonfiamento del labbro superiore) può dire ciò che vuole, tanto chi la sta a sentire? È un belvedere naturale, piovuto dal cielo, cui non mancano sorrisi e mosse accattivanti. A volte appare fin troppo truccata, ma se apparisse in scena indossando un sacco di iuta ci chiederemmo chi è lo stilista. Riesce anche a ballare con sufficiente disinvoltura..

La Canalis bacia Belen

5 – Elisabetta Canalis
Legnosa come un sughero sardo e stonata più di una campana, la misteriosa Mrs Clooney ha raggiunto l’apice della sua presenza all’Ariston con la simultanea dell’intervista a De Niro (sembrava la sorella di Mr. Brown di Andrea Pellizzari, difficile immaginare i suoi colloqui con George). «La tv non mi interessa -ha detto- io sono fatta per la vita tranquilla, voglio orari da ufficio». Da impiegata farebbe sfracelli.

6 – Luca & Paolo
Divertenti ma anche molto ambigue (con sospetto di par condicio) le loro battute e soprattutto le loro instant song, grande retaggio dei Cavalli marci. Non si è capita bene la loro presenza «disturbatrice» a Sanremo, ma sono bravi a tenere la scena, hanno salvato il gruppo dei presentatori.

Belen e la Canalis a Sanremo

5 – Mazza & Mazzi
Sembrano usciti dalla canzone di Nino Taranto: «Mauro Mazza e Marco Mazzi si sposarono a Sanremo. Però/il connubio fu infelice, un inferno diventò/Lui diceva: “Pe’ ‘sto Mazzi/ho perduto ogni sollazzo”/Lui diceva: “Questo Mazza/che fastidio che mi dà…”». Il Festival vive nonostante loro (e il mitico Marcolin di Raitrade).

Antonella Clerici a Sanremo con la figlia

7 – Gaetano Castelli
Ogni anno, una delle componenti più apprezzabili di Sanremo è la scenografia. Grazie a un sapiente uso dell’elettronica (l’effetto 3D dei ledwall), l’Ariston diventa televisione, con quella grande spirale capace di arricchire sontuosamente tutta la scena. Bisogna solo trovare un posto al gobbo, se no sembrano tutti miopi.

sanremo gg

4 – Robert De Niro
Quando in America un attore va a promuovere un suo film si prepara, e bene. Di solito racconta fatti esilaranti, curiosità, aneddoti, insomma si guadagna la pubblicità gratuita (per l’occasione Manuale d’amore 3 di Giovanni Veronesi) con battute frizzanti. A Sanremo Bob è parso pleonastico.

Canalis Morandi Belen

5 – Duccio Forzano
Con il suo gusto da grande illustratore, pur privo di un riconoscibile segno registico, ormai è diventato il regista di corte per eccellenza. Purtroppo si è perso la scena della vita. Avrebbe dovuto avere il coraggio di mostrare con più insistenza i volti dei papaveroni Rai e dei politici mentre si esibiva Benigni. Roba da George Grosz.

SANREMO: MEZZOMILIONE A BENIGNI, 300 MILA EURO ALLA BELLUCCI, 125 MILA PER L’AEREO PERSONALE DI DE NIRO

Pubblicato il 20 febbraio, 2011 in Costume, Musica | No Comments »

Paolo Crecchi per il Secolo XIX- http://www.ilsecoloxix.it

Chiediamo a Gianmarco Mazzi, direttore artistico del Festival, se è vero che sta atterrando a Nizza Sylvester Stallone, inutilmente però, perché il suo contratto alla fine non è stato firmato. Surreale la replica: «Sì, ma sta andando in Europa per i fatti suoi». Se capitava faceva un salto all’Ariston, ecco, combinazione «non è stata raggiunta un’intesa economica». Il che è vero. E tuttavia l’intesa non è stata raggiunta perché la Rai ha sforato il budget, avendo corrisposto agli artisti dei giorni scorsi molto più di quanto preventivato.

Prendiamo Roberto Benigni. Per sé ha preteso non 250 mila euro, come ufficialmente sostiene la Rai, ma il doppio. Per contratto, altri 250 mila euro vanno infatti alla società che gestisce l’immagine di Benigni, il cui agente è naturalmente Lucio Presta. La società, guidata dalla moglie di Roberto, Nicoletta Braschi, ha l’impagabile denominazione di Melampo, che in Pinocchio è l’appellativo del cane tangentaro: in cambio di una gallina a colpo, Melampo consente alle faine di razziare il pollaio.

Ma non è stato strapagato solo l’esegeta dell’Inno di Mameli. Non doveva essere gratuita la comparsata di Monica Bellucci? No, il suo contratto con il produttore cinematografico Aurelio De Laurentis non prevedeva la promozione al festival: a lei 300 mila euro. E Robert De Niro, capace di rendere immortale la performance di Elisabetta Canalis (come si dice in inglese Taxi Driver, chiede Morandi, Taxi Driver, risponde lei) non è stato pagato perché doveva appunto pubblicizzare “Manuale d’amore 3″, ma ha preteso l’aereo personale: 125 mila euro.

Malumori, in Rai, che fanno passare in secondo piano un incidente diplomatico che ha coinvolto gli autori. All’attore Andy Garcia, evidentemente in omaggio alla destra al potere (sono ex missini sia Mazza sia Mazzi), dovevano essere fatte dodici domande mirate su di Cuba, del tipo: è vero che Castro è un farabutto? È vero che lì si muore di fame? Garcia, pur essendo un esule, si è rifiutato di infangare il suo Paese e se ne è andato offesissimo, anche perché nella performance con Gianni Morandi l’eterno ragazzo ha sbagliato le parole di una canzone: «Mai vista tanta improvvisazione». Garcia era irritato soprattutto per il tentativo di fargli parlar male di Cuba, però. Mica ci sono solo i Fratelli d’Italia a questo mondo…

……………e poi pretendono dagli italiani il canone RAI, il peggior balzello dopo quello dell’ICI, solo che l’Ici è stata abolita, mentre per il canone RAI ossessionano, anzi minacciano gli utenti perchè  lo paghino, salvo sperperare quattrini per pagare guitti e  vecchie ciabatte. 500 mila euro a Benigni per una mezzora di deprimente esibizione di frasi lasciate a metà, di lezioncine di storie che neppure i libri di terza media ammanniscono più agli studenti, di infinita ripetizione dell’aggettivo “memorabile” accostato a tutto e al contrario di tutto, talvolta, anzi spesso,  accostato a sproposito, nonostante il presunto superletterato Benigni dovrebbe sapere che la lingua italiana se una ricchezza ha,  è quella di avere per ogni parola, sostantivo o aggettivo,  decine di sinonimi. Invece no, Benigni ha usato l’aggettivo “memorabile” come una clava per qualsiasi cosa, evento, ricordo, etc. E poi la declamazione dell’inno nazionale, una strofetta, ripetuta due volte, forse imparata a memoria due sere prima dell’evento, giusto per guadagnarsi, si fa per dire, i 500 mila euro che potevano essere regalati a un centinaio di scuole italiane in cambio della declamazione dei versi del nostro inno da un centinaio di scolaresche.  Ovviamente, in questo Paese di esagerate  iperboli  non sono mancate, anzi ce ne sono state a iosa, espressioni di mistico riconoscimento a Benigni di essere un eccezionale uomo di spettacolo, magari per essere entrato  in teatro in groppa ad un cavallo (forse anche quello era di proprietà della società della moglie di Benigni che si è fatta pagare per averlo prestato alla RAI?) e per aver infarcito la sua esibizione che doveva essere di celebrazione della Unità Nazionale di motteggi ad alto grado di volgarità, o come Vendola, l’ex nudista calabrese, che si è detto grato a Benigni per avergli fatto “comprendere”, con la sua esibizione, il vero significato dell’inno nazionale. Da ridere se non dovesismo piangere per i quattrini così vergognasamente buttati dalla finestra per riempire le tasche di un guitto che si vuol far passare per grande attore. E poi ci sono i 300 mila euro pagati alla Bellucci. Anche l’anno scorso la stessa Bellucci aveva chiesto la stessa somma ma le fu negata e così agli italiani fu risparmiato lo spettacolo di una attrice le cui più mirabili interpretazioni sono pellicole al limite della pornografia e nelle quali ciò che della Bellucci spicca è il mutismo. Di lei si potrebbe dire, parafrasando il titolo dell’autobiografia di Vittorio Gassman, che ha un grande avvenire dietro le spalle. Indicata come l’erede della Loren, alla Loren potrebbe al più fare da controfigura, ovviamente restando silente. Però la RAI, esosa esattrice del canone  dai poveri utenti che vengono minacciati di orribili sanzioni se non lo pagano, si è dimostrata quest’anno  munifica e le ha regalato 300 mila euro, forse solo  per consentire a Morandi di occhieggiare nel suo generoso  decolteè. E poi i 125 mila euro pagati per l’aereo personale di De Niro. Il quale, per quel che ci riguarda e per quel che ha detto,  poteva anche rimanere a casa, oltrettuto per evitare alla nostra RAI di farlo intervistare  da una ex velina, pagata a sua volta  150 mila euro,  che parlava inglese come noi parliamo il cinese. E noi paghiamo….g.

A BARI AVVOCATI DI CHIARA….FAME, di Alberto Selvaggi

Pubblicato il 20 febbraio, 2011 in Costume, Cronaca | No Comments »

Salve, che cosa fai? «Avvocatessa ». Ah. E tu invece? «Avvocato». Mh. E tu? «Avvocatessa». Eh. E tu altra? «Avvocata». E tu, ragazza scosciata? «Uguale». Me ne compiaccio; e te ancora, o giovanotto prestante? «Ho uno studio legale con un collega, avvocato». Bene. Da questo sondaggio sul campo di una festa di compleanno possiamo concludere che «non tutti i baresi sono avvocati, ma tutti gli avvocati sono di Bari».

Il numero stimato per i maschi non ancora affetti da Alzheimer laureati in Giurisprudenza e abilitati è di 365.031, cioè all’incirca lo stesso numero di abitanti del capoluogo (anche se non si vedono, ci sono); quello delle femmine, circa 594mila: due avvocatesse per ogni residente. Indispensabili. Più la moltitudine di praticanti per l’eternità.

Da cui si desume che nessuno più svolge mansioni di sarta, mondina, testimone di Geova, e più niuno in tenera età dice alla mamma: «Voglio fare l’astronauta o il cow-boy». Perché sanno già come da adulti faranno la fame. Fatta eccezione per la prole dei grandi uffici (sì, anche gli studi legali partoriscono) e per i figli avuti dai titolari con leggiadre collaboratrici (spesso nipotine di Mubarak); fatta eccezione per i più scafati, i 959.031 giovani azzeccagarbugli del foro di Bari sono sovente costretti a nutrirsi di bacche, a bere succo di prato e a dormire in stazione con i defraudati. O a rubare Rolex, come avvenuto di recente in una palestra del centro frequentata da splendidi e splendide della città.

È così da tempo, ma peggio oggi perché nessuno ha più il becco di un tallero e i clienti non saldano il legale privo di mezzi persuasivi validi (pistola regolarmente denunciata o amicizie nei clan). Forse per questo la maggioranza dei legulei conserva una linea invidiabile.

Non è difficile riconoscere l’avvocato di Bari. Veste azzimato a rate e con un gusto superiore a quello riscontrato in altre categorie professionali. Profuma solitamente di fresco, nonostante le sudate imposte dal ritmo concitato. Trotterella, non cammina, mentre riafferra documenti volanti. Si districa tra due-quattro cellulari (si va dalla chiamata per il ricorso in Cassazione alla foto porno all’amante, dalle mozzarelle per la moglie alla richiesta di trasferimento per lo stupratore arrestato), per cui ha nel cranio un mulinante pensiero vago (è scimunito).

Si evidenzia per l’attaccatura del gluteo al lombo mediamente più alta, come provano gli studi del Lombroso. E anche i miei che ho esaminato con il righello diversi esemplari. Il causidico si concentra soprattutto nel Murattiano, dove c’è la maggiore presenza di studi, di banche, di soldi, clienti, vita viziata. Partecipa a feste bene ove si riversano ipotetici utilizzatori finali e saluta tutti con canino smagliante: «Ehi, ciao!, ehilà, ciao..! Ti abbraccio».

Organizza happening di categoria straripanti, la cui fama percorre l’intiera cittade: dalle rutilanti serate della Fondazione forense e Agai alle notti estive degli Avvocati del Foro da 2000 invitati, fino alle feste d’auguri Udai. Conosce questo e quell’altro, svelena su questo, su quella e quell’altro, sa tutto ciò che tu stesso di te non sapresti mai e sfoga l’alienazione e la fame su Facebook creando ulteriori contatti sociali. È un perdente che cavalca la breccia, anche se nel dopolavoro ripara tubi fognari.

In breve: l’avvocato è figo, l’avvocatessa è figa assai. Il mio ottimo amico «De corruptionis», come l’ho in punta di diritto nomato, m’ha edotto del mestiere in una frase: «In tribunale 2+2 non fa necessariamente 4. Tutto qua». Si riferiva, suppongo, alle opportunità del metalinguaggio, al contatto del primo tipo, del secondo, del terzo, del quarto. Mica all’illiceità. Veramente, mi ha raccontato anche altro.

Al pari di colossi forensi e potenti cariatidi. Ma certamente non intendevano dire che l’abiezione del governo che Roma va disvelando è il mero riflesso dell’andazzo che in qualsivoglia ambito fa di ogni uomo un avvocato. La Gazzetta del Mezzogiorno, 20 febbraio 2011

CASO RUBY: LA PROCURA DI MILANO IGNORA LE ACCUSE DELLA RAGAZZA CONTRO RONALDO E TANTI ALTRI. PERCHE’? di Alessandro Sallsuti

Pubblicato il 20 febbraio, 2011 in Giustizia, Gossip | No Comments »

L’ultima novità che esce dalla bocca di Ruby riguarda un altro personag­gio famoso, il calciatore Cristiano Ronaldo. La ragazza, in uno dei tanti interrogatori, sostiene di avere fatto sesso con lui quando era ancora mi­norenne, che il fuoriclasse del pallo­ne sapeva della sua età, che per la prestazione ricevette in cambio 4.000 euro in contanti. Il racconto è ricco di particolari: date, orari, luo­ghi, fino al numero esatto di una sui­te di un grande albergo. Cristiano Ro­naldo, vero o falso dovrebbe essere un processo ad accertarlo, non è l’unico maggiorenne che la ragazza coinvolge nelle sue peripezie sessuali. Ci sono imprenditori, manager del­lo spettacolo, anonimi ragazzi maggiorenni e si­gnori attempati.

Tutti avrebbero commesso lo stesso reato contestato a Silvio Berlusconi: sfrut­tamento della prostituzione minorile. Eppure il premier è l’unico a essere stato prima indagato e poi rinviato a giudizio con rito immediato, nono­stante sia il solo tra questi signori con il quale la stessa Ruby nega di avere avuto rapporti sessuali. A questo punto una considerazione viene spon­tanea. Se un giudice indaga perché ritiene che Ti­zio abbia ricevuto tangenti da Caio, e interrogato Tizio dice: da Caio no, ma certamente sì da Sem­pronio, che fa la magistratura? Il buon senso, ma anche la legge che impone l’obbligatorietà del­l’azione penale, dice che quantomeno il pm deve estendere le sue indagini anche a Sempronio. Non risulta che ciò sia successo per il caso di Ruby. Non c’è traccia che la Boccassini abbia sguinzagliato i suoi segugi dentro la vita privata di Ronaldo, che abbia messo sotto controllo i tele­foni di tutti i calciatori del Real Madrid per carpi­re confidenze e segreti. Non risulta che analoga operazione sia stata fatta dalla Procura di Milano nei confronti degli altri maggiorenni che negli an­ni hanno avuto contatti fisici con la ragazza. A naso, tutto ciò costituisce reato da parte dei procuratori di Milano. Non vedo come possa esse­re che per la stessa ipotesi accusatoria due cittadi­ni siano trattati diversamente.

Con l’aggravante che nel caso di Ronaldo la confessione della ragaz­za è chiara e circostanziata, in quello di Berlusco­ni non c’è. Questa, a mio avviso, è la prova che alla Boccas­sini non interessa accertare eventuali reati sul cor­po di Ruby. Alla pm interessa solo il corpo, anzi la testa, di Berlusconi. Altrimenti avrebbe dovuto procedere contro tutti gli uomini, Ronaldo com­preso, indicati dalla giovane. Coprendosi di ridi­colo in Italia e nel mondo intero. Perché è chiaro che è la ragazza ad aver avvicinato spontanea­mente e a volte con l’inganno persone che a suo avviso avrebbero potuto aiutarla. Ed è certo che avere rapporti sessuali, anche con minorenni consenzienti se hanno già compiuto 16 anni, non è reato. Noi non sappiamo se la storia di Ronaldo sia vera. È certo che Ruby l’ha raccontata e che è agli atti. Ed è sicuro che non interessa alla Boccassini né alle donne scese in piazza domenica scorsa. Perché se uno non è Silvio Berlusconi, o non gravi­ta nella sua orbita, con le donne minorenni può farci quello che meglio crede. Che in fondo sono affari suoi. Il Giornale, 20 febbraio 2011

NIENTE SESSO, SONO INGLESI

Pubblicato il 20 febbraio, 2011 in Politica | No Comments »

Silvio Berlusconi e il leader libico Gheddafi Niente sesso, sono inglesi. Sarà bene che i signori del Financial Times leggano le memorie di Tony Blair, già loro primo ministro, e le sue ultime dichiarazioni sulla vita politica italiana, senza limitarsi al buco della serratura del RubyLeaks. Non cambieranno idea, né glielo chiediamo, ma nel servire gli interessi di chi punta a fregare il nostro Paese si mostreranno un filino meno rozzi.

Quelli di loro che hanno la fortuna di fare i corrispondenti dall’Italia, inoltre, farebbero bene a leggere non solo i pettegolezzi e a frequentare non solo i salottini luogocomunisti, ma a prestare attenzione alla cultura e alla libertà di chi non solo non nasconde i problemi (profondi) del nostro mondo politico, ma, anzi, pesta su quelli con forza e costanza. Senza, però, cadere nella trappola per stupidi che s’atteggiano a puri, ovvero credere che tutto si riduce a togliere di mezzo Silvio Berlusconi. Nella Lex Column, autorevole rubrica del quotidiano inglese, ho letto cose che dovrebbero sollecitare la reazione di tutti, avversari del governo compresi. L’Italia, si dice, è divenuta un’autocrazia di stampo arabeggiante, un Paese la cui cultura è divorata dalla corruzione e dalla criminalità organizzata. La nostra è una democrazia, gentili signori, e il governo in carica, quale che sia il giudizio che ciascuno ha diritto d’esprimere, ha vinto le elezioni europee e quelle amministrative, dopo le politiche (mentre l’accordo con la mafia lo fece un governo che a voi piaceva moltissimo, e ancora ne piangete, assieme alla comunità degli affari, la scomparsa). Il vostro governo, per dirne una, le ha perse tutte, tanto che è cambiato. Né le sconfitte elettorali sono estranee al nostro costume, perché dal 1994 ad oggi il governo non ha mai vinto le elezioni politiche successive. Sostenete ancora lo sproposito che avete scritto? A dimostrazione del nostro decadere arabeggiante ci sarebbero le politiche condotte nei confronti di Gheddafi e Mubarak. Ora, a parte il fatto che nessuno dei due è arabo (suvvia, oh eredi di una tradizione imperiale e colonialista!), vorrei fare osservare che il governo inglese restituì, in pompa magna, a quello libico l’autore di un attentato aereo, in cambio di una piattaforma petrolifera alla BP (British Petroleum). E vorrei ricordare che Hosni Mubarak è stato a lungo uno dei garanti della sicurezza d’Israele, che si trova in quell’area in cui il colonialismo inglese combinò qualche guaio.
Si desidera sapere: i Fratelli Mussulmani son forse migliori del rais? Domanda oziosa, come sapete, perché il potere resta ai militari. Ma, appunto, sfugge il senso di un accostamento che, per non pochi aspetti, dovrebbe essere letto come un complimento. In quanto a politica estera, mi sovviene che in Iraq e Afghanistan siamo andati assieme. Fu una giusta scelta, penso, sempre che a voi non sembri più a modino il fondamentalismo e il dispotismo antiisraeliano. La nostra sarebbe una «gerontocrazia». E qui concorderemmo se vi riferiste al fatto che il nostro sistema s’è bloccato, i giovani sono esclusi, gli ascensori sociali si sono fermati. Lo abbiamo scritto molte volte. Ma a voi interessa solo la data di nascita di Berlusconi, al qual proposito vi segnalo un dato terrificante: gli mancano ancora quattro anni prima di raggiungere l’età in cui Ronald Reagan lasciò la (potente) presidenza. Converrete che il «vecchio» fece un lavoro eccellente. Ma veniamo al dunque: viviamo tempi difficili e l’asse franco-tedesco toglie peso, in Europa, agli altri Paesi, inoltre gli inglesi vogliono contare molto nella scelta del nuovo vertice della Bce, facendo finta di dimenticare che quella è la banca dell’Euro, valuta che non è la loro. Inoltre è aperta una dura partita energetica: noi italiani, come i tedeschi, tendiamo a diminuire la dipendenza da una sola fonte o un solo fornitore, mentre i francesi producono molto con l’atomo, il che, fatalmente, disunisce il valore del petrolio inglese (che tanto è costato, lo abbiamo visto, in quattrini ed onore).

Le banche inglesi, si aggiunga, sono fra quelle la cui disciplina è stata meno virtuosa, quindi fra le più esposte ai rischi e le più costose per l’erario. Tutto questo è complicato, ma cercare di rimediare provando ad attaccare e demolire le istituzioni altrui, cercando di esportare i problemi e importare bottini, non è politica saggia e lungimirante. Lo scriviamo, se è concesso, da cultori e ammiratori della storia dell’impero britannico.Davide Giacalone, Il Tempo, 20 febbraio 2011

A PROPOSITO DI BENIGNI….LETTO E CONDIVISO

Pubblicato il 18 febbraio, 2011 in Costume, Gossip | No Comments »

Ritengo Benigni un fenomeno da baraccone scaduto. Mai mi è piaciuto, perché si dà tanto da fare per piacere. Non lo guardo, non tanto per il sentimento di repulsione che mi suscita, con quella parlata toscana già di per sé urtante e da lui accentuata in un crescendo volgare e contraffatto, ma per il totale disinteresse per la sua arte, o così definita, da attore itinerante, quello per intenderci sempre pronto ad adattarsi a seconda del luogo. Enormemente sopravvalutato e ora icona del popolo anti-berlusconiano che allieta con le sue battutine sceme; anche lui sicuramente un mezzo disoccupato il giorno in cui il Cavaliere non ci sarà più. Ma sì, certo, non è immortale, non preoccupatevi. Sarà dura poi con Rosy Bindi! Certo che la toscanità dei due è da delirio. Urla, strepiti, confusione. Ma Benigni pretende di passare per intellettuale. Gli si attribuisce una lettura di Dante insorpassata. Ma ascoltatevi Sermonti, quello sì che Dante lo conosce e non ne fa uno strumento da centinaia di migliaia di Euro a serata! Leggo, perché non l’ho minimamente guardato, del trionfo di San Remo con l’Inno di Mameli. Ma siete sicuri che lo conoscesse prima della sua performance? da DAGOSPIA, 18 febbraio 2011

BERLUSCONI DEBOLE? MA SE RITORNANO TUTTI

Pubblicato il 18 febbraio, 2011 in Politica | No Comments »

Fini non perde solo parlamentari, ma anche la te­sta. Non si è mai visto un presidente della Camera che sbraita in questo modo contro il capo del governo. Quelli che non mi seguono? Tutti venduti. E chi li compra naturalmente è Berlusconi. Due offese in un colpo solo: al premier e agli uomini che avevano scommesso su di lui. Davvero pensa che uno come Pontone si venda per una lusinga? Fini di super partes ormai non ha neppure l’ombra. Una volta disse: «Dimostratemi che non sono super partes e mi dimetto».

Dopo quello che ha scritto sul Secolo dovrebbe accorgersene da solo e agire di conseguenza. O almeno gli suggerisca qualcosa Napolitano. Ma il presidente della Camera non è un uomo che si mette in discussione. La frase «ho sbagliato» non esiste nel suo vocabolario. Non riconosce la sconfitta. Non capisce i dubbi e la delusione di chi lo ha seguito nella sua avventura. Non comprende l’amarezza di Urso, la rabbia di Viespoli, le ferite sul volto di Pontone. Fini non si fa domande. Non si chiede come mai gli intellettuali della svolta, Alessandro Campi e Sofia Ventura, lo vedono ora solo come un uomo ambizioso con una sola fissa in testa: prendere il posto del Cavaliere. Loro parlavano di politica, lui di congiura. Non si sono capiti. Una cosa è certa. I nemici di Berlusconi pensavano di avere la partita in mano. Bene.

Si stanno sucidando. Quelli che hanno già scritto il finale rischiano di restare delusi. Il romanzo di queste lunghe settimane racconta che la corsa del Cavaliere è al capolinea. È la versione dei suoi nemici e la ripetono ossessivi in ogni piazza, fisica o virtuale. È un modo per darsi ragione. Se lo gridiamo sempre più forte diventa vero. Non immaginano neppure che in questo modo mistificano la realtà. Più Berlusconi viene raccontato debole, più si rivela forte. Qualcosa di imprevedibile in effetti sta accadendo. Il Cavaliere sta subendo da tempo una batteria di attacchi finali. Il caso Ruby sembrava averlo messo alle corde. I suoi avversari già litigavano su chi dovesse essere il prossimo premier. Eppure i conti non tornano.

La maggioranza non è sfilacciata e in Parlamento si allarga, diventa più forte, costruisce colonne e pilastri. Quello che abbiamo davanti non è un governo in disarmo. I numeri sono in crescita. A Montecitorio la quota 330 che serve a tranquillizzare la Lega non è più un miraggio. L’imponderabile è che l’opposizione, soprattutto quella centrista, è colpita da uno smottamento che non riesce ad arrestare. Non è bastata la riunione psico-dramma di martedì a Palazzo Madama, con le dimissioni e la rielezione di Pasquale Viespoli nel giro di un quarto d’ora, per rassicurare i senatori sul futuro del Fli. Avevano giurato di non lasciare il partito a patto che Futuro e Libertà restasse nel centrodestra. La secca risposta di Fini non ha di certo rasserenato gli animi: «La linea politica è inequivocabile, trovino motivi meno pretestuosi».

I senatori si sono visti arrivare il solito gelido schiaffo. Hanno capito che cosa sia il Fli: un partito nato per una vendetta personale. A questo punto sta partendo l’esodo. Si parla di sette senatori su dieci, oltre a Giuseppe Menardi che ha già fatto le valigie, pronti a traslocare. Movimenti anche alla Camera, un altro pezzetto di quasi ex finiani che viaggia in direzione ostinata e contraria. Strani movimenti si notano anche intorno a Casini. Il centro sembra una stazione balneare. Questo significa che stanno per cambiare anche i rapporti di forza nelle commissioni, sbilanciate a sinistra dal tradimento finiano. L’esodo ritara le percentuali e spinge la Lega a non fare passi affrettati. Non c’è bisogno di rottamare il governo. È il segnale che nei palazzi della politica nessuno è pronto a scommettere sulla caduta di Berlusconi. Anzi, sta avvenendo l’esatto contrario.

Fini liquida il tutto appellandosi «all’Italia diversa», quella che sta fuori dai palazzi. Peccato che i sondaggi lo smentiscano. Il Fli galleggia sul tre per cento. La destra che doveva colpire alle spalle il premier si sta sbriciolando. Fini è un bluff. Hanno scritto un romanzo in cui il Cavaliere è il male assoluto. Tutti a caccia del mostro. Non hanno il coraggio di battere l’uomo. Fonte: Il Giornale, 18 febbraio 2011

IL CONSIGLIO DEI MINISTRI VARA LA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA:MEGLIO TARDI CHE MAI!

Pubblicato il 18 febbraio, 2011 in Giustizia, Politica | No Comments »

Il governo  questa mattina ha approvato all’unanimità la relazione del ministro della Giustizia Angelino Alfano. Un Consiglio dei ministri straordinario sarà convocato nei prossimi giorni per l’approvazione definitiva della riforma costituzionale della giustizia. Un comitato formato da ministri ed esperti si riunirà per approfondire i contenuti del testo del ddl.

Le lineee guida della riforma Nel Cdm di oggi Alfano ha illustrato le “linee guida” della riforma che il Consiglio ha poi approvate all’unanimità. La riforma prevede un ddl costituzionale per separare le carriere di giudici e pm, per dividere in due il Csm e per dare più poteri al ministro della Giustizia. Non saranno poi escluse anche misure sulla responsabilità civile dei magistrati e anche sulle intercettazioni.

FINI NON ERA FASCISTA, OGGI E’ SFASCISTA, l’editoriale di Mario Sechi

Pubblicato il 18 febbraio, 2011 in Politica | No Comments »

Gianfranco Fini Gianfranco Fini aveva molti modi per costruire un centrodestra alternativo a Berlusconi. Ha scelto quello peggiore. E oggi il risultato è sotto gli occhi di tutti. Il suo progetto politico è un pasticcio clamoroso, sotto il profilo culturale e organizzativo. Un congresso fondativo si è trasformato in affondativo, il suo partito in Parlamento perde i pezzi, il gruppo al Senato non esiste più e il suo appeal nei confronti del mondo liberale, conservatore, di destra, è pari a zero. La verità che non vogliono vedere i pelosi corteggiatori di Fini è che Futuro e Libertà non attrae l’elettore conservatore, ma lo respinge. L’avventura politica dei finiani si è consumata sotto il segno del tradimento e per questo chi ha votato Berlusconi ieri e oggi non sceglierà mai i futuristi immaginari. Per quel popolo, i finiani e il loro leader sono unfit, inadatti a rappresentare le ragioni, i desideri e le aspirazioni di quella «forza tranquilla» che non riempie le piazze, non urla, ma osserva e decide nel silenzio delle urne chi deve governare. È la maggioranza silenziosa che determina le sorti dell’Italia. Fini con quel pezzo del Paese ha chiuso. Per sempre. Fini è in stato confusionale e la sua reazione al ritorno di alcuni senatori nel Pdl è disastrosa. Il presidente della Camera che solleva il «potere finanziario del premier» per giustificare il ritorno dei suoi senatori al Pdl è incredibile. Le parole di Fini sono gravi, perché per l’ennesima volta ha tradito il suo mandato di garante di Montecitorio e ignorato gli inviti del presidente della Repubblica ad abbassare i toni e ritrovare la via della politica. Sì, Fini non è mai stato fascista, ma di certo è uno sfascista. Mario Sechi, Il Tempo, 18 febbraio 2011


FLI ALLO SBANDO, FINI PERDE LA TRAMONTANA

Pubblicato il 17 febbraio, 2011 in Politica | No Comments »

Se va avanti così, la prossima assemblea del FLI, Fini e i suoi la potranno indire in un sottoscala della casa di Montecarlo. La fuga dei parlamentari del FLI da Fini e dal suo partitito sembra assumere caratteri di valanga. Ieri se ne è andato  Minardi, senatore, determinando lo scioglimento del gruppo parlamentare al Senato. Oggi hanno annunciato l’uscita Pontone e Saia,  anch’essi senatori, mentre l’on. Roberto Rosso,  coordinatore regionale del Piemonte, ha ufficializzato il ritorno nel PDL alla Camera. Altri seguiranno nei prossimi giorni. E’ lo stesso Fini ad ammetterlo con un comunicato che domani mattina comparirà sul Secolo d’Italia e che potrà essere letto dai 4 o 5 lettori di quel quotidiano, fondato da Franz Turchi, che un tempo era la bandiera della destra iataliana e che oggi è al più un semiclandestino giornaletto che leggono su RAI 3 a mezzanotte e dintorni. Nel comunicato Fini ammette sostanzialmente la sconfitta ma dà la colpa…a Berlusconi. Accusa Berlusconi di usare il ptere mediatico e finanziario per comprare il passaggio dei parlamentari dal FLI al PDL. Siamo alle comiche finali! L’on. Fini invece di riconoscere che il suo progetto si avvia malinconicamente verso l’ignoto o meglio verso l’annunciato naufragio politico, tenta di addossarne la colpa a chi ne era il principale obiettivo, cioè Berlusconi, e per far ciò non esita a dare del prezzolato a quelli che, presi in giro dall’assicurazione loro fornita dallo stesso Fini  che il progetto finiano voleva solo realizzare una “terza gamba” all’interno della maggioranza di centro destra mentre invece si sono trovati proiettati verso una ammucchiata contro natura comprendente da ultimo anche Vendola, si sono resi conto dell’imbroglio e coerentemente con le loro idee politiche, preferisconpo tornare sui propri passi e restare   nel centro destra. E non basta. Fini, che accusa il PDL di essere (stata)  una caserma e Berlusconi un sergente di giornata, ha trasformato il suo FLI, come già aveva fatto col MSI e con AN, in un campo di concentramento, amministrato da un manipolo di kapò il cui caporale è un certo Bocchino, ex autista di Tatarella e ex portaborse tuttofare. Kapò e caporali sono stati nominati in perfetta solitudine dallo stesso  Fini, come al solito infischiandosene delle opinione e delle sensibilità di tutti, ritenendosi una specie di Attila del 21° secolo. E invece di fare mea culpa  e riconoscersi la responsabilità del naufragio come sanno fare i capitani onesti e coraggiosi, da una parte si stupisce delle altrui defezioni e per altro verso non sa far di meglio che insultare volgarmente senatori e deputati  la cui onorabilità nell’ambito delle scelte politiche,  come è stato rilevato negli ambienti del PDL, egli, proprio per la carica che ancora, portoghesamente, ricopre di presidente della Camera aveva  ed ha il dovere di tutelare. Ma questo è l’uomo: si considera una specie di profeta (laico) e  invece alla prima tormenta perde la tramontana e va in tilt. Meno male che sia accaduto subito, prima che potesse fare altri danni. g.