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IL PROBLEMA DELL’ITALIA E’ L’EURO. LO SCRIVE IL TELEGRAPH CHE SI DISCOSTA DALLA BOLGIA ANTIBERLUSCONI DEI GIORNALI EUROPEI.

Pubblicato il 13 dicembre, 2012 in Politica | No Comments »

No. Non tutta la stampa estera si è scagliata a peso morto contro la candidatura di Silvio Berlusconi.

Non tutti i politici e i giornalisti si sono uniformati al trend generale, quello che ha portato in rapida sequenza LiberationTimes, i tedeschi come la Zeitung e pure il Guardian a scagliarsi contro il Cavaliere, nella bolgia di un antiberlusconismo impiccione e che si preoccupa di faccende che italiane sono e dovrebbero rimanere.

Una voce fuori dal coro c’è. E non ha neppure un peso specifico da nulla. Ambrose Evans-Pritchard, dalle pagine del Telegraph, ha tentato una lettura discordante, puntando il dito non su Berlusconi – la cui politica è anche elogiata in un paio di passaggi – ma piuttosto sulla moneta unica. Questo, a seguire il ragionamento del quotidiano, è il vero problema italiano, forse l’unico. Roma dovrebbe lasciare l’Europa dell’unità monetaria. Una stretta di mano e tanti saluti.

Il pezzo di Pritchard fa notare un paio di dati. Siamo più ricchi della Germania. Abbiamo un debito a lungo termine che per il Fondo Monetario è al top per sostenibilità e – l’autore sottolinea – il merito è della riforma pensionistica del Cavaliere.

Citando poi uno studio della Bank of America, l’articolista chiarisce un punto: l’Italia, più di tutti gli altri membri dell’unione monetaria, avrebbe benefici lasciandola e tornando alle lire. Un ostacolo si frappone però tra noi e la recisione del cordone ombelicale che ci lega all’euro. Ed è precisamente la presenza in sella al Paese di Monti. “Alto papavero del progetto europeista”, prima il premier dimissionario lascerà il suo posto, meglio sarà.  13 dicembre 2012

L’ULTIMO OLTRAGGIO: VOGLIONO IMPEDIRMI DI FARE IL GIORNALISTA, di Alessandro Sallusti

Pubblicato il 13 dicembre, 2012 in Costume, Politica | No Comments »

L’Ordine dei giornalisti di Milano mi ha sospeso dalla professione e, non contento, ha aperto pure un procedimento disciplinare con il malcelato intento di radiarmi dalla professione.

A memoria, nessun giornalista condannato in via definitiva per diffamazione è mai stato sottoposto a un simile trattamento.

L’Ordine, contraddicendo le dichiarazioni pubbliche dei giorni scorsi di totale solidarietà, si trincera dietro la necessità di rispettare atti dovuti, comportandosi così come il peggior burocrate di Stato. La cosa non mi stupisce, conoscendo l’aria politica che tira da quelle parti. Semmai mi domando a che titolo e con che scopo il presidente nazionale Iacopino fosse fisicamente al mio fianco pochi giorni fa al Tribunale di Milano durante la prima udienza del processo per la tentata evasione.

Sta di fatto che colleghi a me sconosciuti sono riusciti a fare ciò che neppure magistrati sciagurati hanno avuto il coraggio di osare: impedirmi di scrivere ed esercitare la professione. Se pensano di spaventarmi o intimorirmi si sbagliano di grosso. Non mi fanno paura. Semmai si coprono di ridicolo loro e trascinano nella vergogna l’intera categoria: giornalista espulso per un articolo mai scritto.

Come diceva Sciascia, al mondo gli uomini si classificano in: uomini, mezzi uomini, ominicchi e quaquaraquà. Bene, io provo con forza a rimanere nella prima categoria. I colleghi dell’Ordine dei giornalisti, e non solo loro, si distribuiscano pure dove meglio credono. Affari loro. La mia libertà non è nella loro disponibilità. Alesandro Sallusti.

………………Come scriveva Manzoni le palle, pardon, il coraggio,  chi non ce l’ha, non se lo può dare. Sallusti ce l’ha. g.

LE TURBOLENZE POLITICHE NON INFLUENZANO I MERCATI. PAROLA DI “MOODY’S”

Pubblicato il 13 dicembre, 2012 in Economia, Politica | No Comments »

Per mesi ci hanno detto che l’incertezza politica pesava sui mercati. Ora per Moody’s conta poco chi andrà al governo: l’importante è che restino le riforme

Per mesi ci hanno detto che rating, spread e mercati andavano male per “le incertezze politiche” dell’Italia.

Il logo di Moody’s alla sede di New York dell’agenzia di rating

Prima il governo Berlusconi non faceva abbastanza per assicurare l’affidabilità creditizia del Paese, poi nemmeno le riforme di Monti hanno avuto gli effetti sperati, a guardare l’andamento altalenante del differenziale tra i titoli italiani e quelli tedeschi.

Ora Moody’s fa retrofront: “Le turbolenze politiche non influenzano i mercati e hanno conseguenze limitate”. Per l’agenzia di rating conta poco chi andrà a Palazzo Chigi a febbraio. Purché mantenga “le riforme strutturali e il consolidamento di bilancio” messi in atto dai tecnici. “Ci aspettiamo che il prossimo governo mantenga gli elementi chiave della legge di stabilità“. Fonte ANSA, 13 dicembre 2012

………………Nemmeno poche ore fa,  tutta la galassia dei profeti italiani, da Bersani a Casini, da Fini al presidente diConfindustria, tutti a scaricare sulla decisione, sempre tardiva, del PDL di “scaricare” Monti la responsabilità della risalita dello spread,  negli ultimi giorni. Solo Monti che forse era a conoscenza della imminente discesa in campo dell’Agenzia di rating internazionale, sia pure con il solito linguaggio ermetico che gli è congeniale, si è smarcato da questa interpretazione di comodo della crisi dei mercati. Ora giunge la dichiarazione di Moody’s che fa strame delle sciocchezze in libertà dei varti Bersani, Fini e Casini, accumunati non solo dall’odio verso Berlusocni – che ha tante colpe! – ma anche dalla profonmda ignmoranza delle leggi del mercato finanziario che non conosce la lingua dei politici ma solo quella degli affari. g.

L’OCCUPAZIONE TEDESCA, di Alessandro Sallusti

Pubblicato il 12 dicembre, 2012 in Politica, Storia | No Comments »

Lo spread scende, la Borsa sale e gli sciacalli restano a bocca asciutta. Il tentativo di fermare il ritorno in campo del centrodestra usando le leve della finanza è svanito nel giro di ventiquattro ore. Delusi dai poteri forti, gli antiberlusconiani ora si aggrappano alla Germania di Angela Merkel, che ieri è intervenuta in modo inusuale sugli affari interni italiani, auspicando, di fatto, un non-ritorno di Berlusconi. Già, se la generale Merkel perdesse il suo soldatino Monti, addio ai sogni egemonici a costo zero. E quindi giù bastonate e ricatti all’Italia libera, come se il risultato delle nostre elezioni valesse meno del suo pensiero.

È dai tempi della Repubblica sociale italiana che la Germania non osava tanto nei confronti dell’Italia. Ricordate? Mussolini liberato sul Gran Sasso dai paracadutisti tedeschi e insediato sotto tutela a Salò, con ministri e generali fantocci che dovevano obbedire agli ordini che arrivavano da Berlino.
Sappiamo come andò a finire. Mussolini travestito da tedesco fermato sulla via di fuga, poi Giulino di Mezzegra e Piazzale Loreto. Se Dio vuole, i tempi sono cambiati. Niente paracadutisti, armi e cappi. Ma la guerra è la stessa, la si combatte con le banche, lo spread, i giornali.

Passi La Repubblica, ma fa tristezza vedere il Corriere della Sera, presunto quotidiano della borghesia del Nord, svendere i suoi lettori e il Paese intero ai voleri della Germania. Ferruccio de Bortoli, il direttore, si comporta come il Mussolini repubblichino: si aggrappa alla Germania per tentare di negare agli italiani il diritto di essere liberi, liberi di scegliere nelle urne chi dovrà governarli, senza condizionamenti esterni. Evoca lo spread così come il Duce imbrogliava, per convincere il suo popolo, fantasticando sull’arma segreta di Hitler che avrebbe cambiato i destini della guerra. Paradossi della storia. La sinistra costretta a ripetere gli errori del fascismo, il centrodestra a combattere una guerra di liberazione.
Noi non siamo la Germania, e ce ne vantiamo. Vogliamo stare in Europa ma da Paese libero e sovrano, in grado di porre condizioni utili alle nostre imprese e alle nostre famiglie. Se ci sarà da combattere, mediaticamente parlando, noi siamo pronti.

.…..Scrive  il direttore del Giornale, Sallusti, incarcerato e ora  anche sospeso dal solerte Ordine dei Giornalisti della Lombardia che si è unito in incestuoso rapporto con la cricca dei giudici che hanno mandato al gabbio un giornalista reo di “omesso controllo”, reato previsto da una legge fascista mai abrogata in 70 anni di  strombazzata democrazia, che Monti è il Mussolini del 2012, perchè come Mussolini si è messo al servizio della Germania. Non condividiamo questo accostamento, senza entrare nei particolari della Storia, tra un comune e servizievole burocrate che non ha mai pensato all’Itala ma solo a se stersso, quale è Monti, e Mussolini, che pur con tutti i suoi errori, compreso il peggiore, quello di aver indossato una divisa tedesca per sfuggire al suo destino, resta uno statista che ha lasciato un segno nella storia del nostro Paese la cui valutazione obiettiva e oggettiva sarà compito, quando si saranno placate le pur naturali passioni di parte, agli storici del futuro. Nel frattempo non mescoliamo le cime con le foglie. g.

LA GERMANIA NON MOLLA: MONTI, L’ER PIU’ DI CASA NOSTRA

Pubblicato il 12 dicembre, 2012 in Il territorio | No Comments »

La campagna elettorale entra nel vivo. Anche per il premier Mario Monti che, senza ammetterlo, sta solleticando l’idea di fare il bis a Palazzo Chigi.

Il presidente del Consiglio Mario Monti

Così, mentre gli indicatori economici sono tutti preceduti dal segno meno, la recessione incalza il sistema Italia e la pressione fiscale schiaccia i risparmi del Paese, il Professore si chiama fuori dalla mischia e non ammette il fallimento delle misure economiche messe in campo dall’attuale governo.

D’altra parte, il presidente del Consiglio ha dalla sua parte la Germania che sta tentando in ogni modo di condizionare la democrazia e il voto italiano.

All’indomani del pesante endorsement fatto dalla cancelliera Angela Merkel, il governo tedesco torna a schierarsi a favore di Monti. E lo fa entrando a gamba tesa nella campagna elettorale. Entrando all’Ecofin, il ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble ha lodato apertamente i tecnici e attaccato, altrettanto apertamente, il precedente governo. Insomma, la stessa linea che sta portando avanti, in questi giorni, anche Monti che, per smarcarsi dal proprio fallimento, sta provando ad addossare tutte le sue colpe al Cavaliere. “Il governo Monti ha fatto meglio del suo predecessore – ha spiegato Schaeuble – è stato un governo con molti successi e progressi”. Il ministro delle Finanze tedesco ha, quindi, aggiunto che “tutti lo sanno ma io ripeterò sempre la differenza tra Monti e il suo predecessore”.

“Noi tutti siamo corresponsabili dell’andamento delle quotazioni dell’immagine dell’aggettivo italiano – ha spiegato il presidente del Consiglio – ognuno di noi sposta la quotazione di questo aggettivo”.

Per prima cosa, però, Monti si lava la coscienza. E scarica tutte le colpe sul precedente esecutivo guidato da Silvio Berlusconi che, guarda caso, ieri aveva smascherato i tecnici per aver tascinato l’Italia inj un vortice germanocentrico che non ha fatto altro che penalizzare il Belpaese. “Durante il precedente governo delle riforme sono state fatte ma lasciando moltissimo da fare”, ha spiegato il presidente del Consiglio invitando il partito che vincerà le prossime elezioni politiche a dar seguito alle riforme intraprese dall’attuale governo. Non solo. Il Professore si è anche arrogato il merito di aver messo in campo le giuste misure per traghettare il Paese fuori dalla crisi economica e ha invitato alla “prudenza” nel giudicare le riforme fatte dal governo dicendo che sarebbe un peccato se si desse un giudizio “ipersemplificato” sugli effetti che queste hanno avuto. Intervenendo all’assemblea dell’Anfia, Monti ha analizzato i dati catastrofici della produzuione industriale che lentamente continua a peggiorare. Anche in questo caso, il Professore ha provato a lavarsene le mani spiegando che l’industria italiana ha scontato “il lento ma inesorabile processo di erosione della competitività che è stato a lungo sottovalutato”. Insomma, non solo Monti non riesce ad ammettere il fallimento delle sue cure, ma scarica le responsabilità sul precedente governo. 12 DICEMBRE 2012

GLI SPRECHI DEL PARLAMENTO EUROPEO HANNO NULLA A CHE FARE CON LA PACE

Pubblicato il 12 dicembre, 2012 in Economia, Politica estera | No Comments »

Duecento milioni di euro all’anno buttati al vento. Da decenni. Un miliardo e quattrocento milioni di euro che la nostra generazione pagherà dal 2014 al 2020 e che verranno ancora una volta inseriti nel bilancio comunitario nonostante sobrietà, rigore e tagli.

Benvenuti a Bruxelles, ma anche a Strasburgo. Perché in tempi di crisi economica, l’anomalia della doppia sede del Parlamento Europeo è un tema che grida vendetta. E che continua a gravare inesorabilmente sulle tasche dei contribuenti europei. Carovane di politici che da Bruxelles partono per Strasburgo.

Una volta al mese, i 754 deputati, insieme agli assistenti, ai funzionari e ai faldoni, viaggiano alla volta della città dell’Alsazia e si trasferiscono lì per quattro giorni per svolgere la seduta plenaria. In un anno più di cinque mila persone percorrono i 450 chilometri che ci sono tra le due città, chi con un volo charter, chi con un pullman, chi con più di un treno, visto che non ci sono linee ferroviarie ad alta velocità e che solo sei capitali europee, tra cui Parigi, hanno un collegamento diretto con Strasburgo.

Gli unici a felicitarsi della transumanza sono i gestori dei ristoranti e degli hotel che in quel periodo fanno letteralmente lievitare i prezzi di beni e servizi perché tanto pagano i cittadini – ché la comunità servirà pur a qualcosa. Durante la sessione plenaria, i prezzi delle stanze di albergo a Strasburgo lievitano quasi del 100%, per non parlare di quelli di bar e ristorazione. L’argomento non è nuovo ed è stato più volte affrontato dai membri dell’istituzione. Lo scorso 23 ottobre, il 75% dei parlamentari europei ha votato per un ritorno a un’unica sede, fissando la deadline al giugno 2013.

Insomma, quasi tutti sono concordi: quello che il Parlamento stesso ha definito travelling circus (circo itinerante) deve finire. Peccato siano anni che viene emessa questa sentenza, senza però che il Consiglio Europeo faccia nulla. Cosa c’entra il Consiglio? C’entra eccome. Perché per eliminare una delle sedi del Parlamento Ue, bisogna modificare il Trattato di Lisbona, e per fare ciò è necessaria la decisione unanime del Consiglio, appunto.

Solo che tra i membri c’è la Francia, che ha più volte annunciato che porrebbe il veto. Alla nazione di Hollande non andrebbe giù di perdere il flusso turistico-commerciale di Strasburgo. Basti citare un esempio a prova dell’ostracismo d’Oltralpe. Quando il 9 marzo 2012 il Parlamento Ue voto a favore dell’accorpamento e svolgimento di due delle dodici sessioni plenarie nella stessa settimana del mese di ottobre, la Francia si appellò alla Corte di Giustizia Europea. Non stupisce dunque che si areni sempre tutto. Nonostante le reiterate richieste trasversali dei membri del Parlamento e nonostante il volere dei cittadini.

Una petizione lanciata dall’allora commissario per gli Affari Interni, Cecilia Malmström, e poi rilanciata da due parlamentari europei (Edward McMillan-Scott e Alexander Alvaro) dal nome SingleSeat e favorevole alla sede unica di Bruxelles è stata firmata da circa un milione e duecentomila cittadini europei.

Le sessioni plenarie, tra costi per viaggi, staff e altre voci, gravano circa 200 milioni euro all’anno. Se il Parlamento avesse una sola sede operativa, il risparmio sarebbe enorme. Senza parlare poi dell’inquinamento atmosferico e delle emissioni di anidride carbonica prodotte, contro le quali l’Ue è in prima linea nel porre limiti agli stati membri salvo poi razzolare male. Infatti, secondo il rapporto del Parlamento Ue, se ci fosse solo una sede si risparmierebbero 19mila tonnellate di CO2 all’anno emesse nell’atmosfera.

Nel 1989, il Parlamento adottò una risoluzione nella quale veniva dichiarato che l’assenza di una singola sede porta a far sì che l’elettorato europeo trovi difficoltà a identificarsi con il Parlamento Europeo. Insomma, la preoccupazione che l’Ue fosse un oggetto politico non identificato era ben presente già 30 anni fa. Da allora a oggi non è cambiato nulla, se non che sono aumentate e affiorate decine e decine di agenzie e di uffici dispersi tra tre diverse città, perché una parte degli uffici amministrative hanno sede in Lussemburgo. Non c’è due senza tre, insomma.

L’ultimo emendamento approvato dal Parlamento Ue con 432 voti a favore, 218 contrari e 29 astensioni, sostiene che l’UE, nel contesto delle politiche di austerità in corso, debba dimostrare responsabilità e prendere misure concrete immediate per stabilire una sede unica per il Parlamento. Al momento, sembra che l’austerità non collimi con questo progetto. Se a ciò si aggiunge che la sede del Parlamento Ue di Strasburgo è costata quasi 500 milioni di euro ed è praticamente vuota nove mesi l’anno e che tra i progetti dello stesso Parlamento c’è quello della Casa della storia europea, un museo in costruzione a Bruxelles nel quale verrà mostrata la storia del dopoguerra e che costerà 50 milioni di euro (sarà completato nel 2015), ecco che il rigore lascia spazio alla crescita. Della spesa, però. 12 dicembre 2012

.…………….Le caste, di ogni dove, vivono alla grande alle spalle dei popoli. L’Unione Europea che autorizzò i bombardamenti di Belgrado sotto i quali morirono bambini,  donne e anziani, è stata insignita del Premio Nobel per la Pace dopo aver fatto la guerra con i missili e le bombe prima e con le rappresaglie economiche dopo, cioè ora, contro i paesi più deboli, come la Grecia, o meno solidali come noi, l’Italia. Questa satessa Unione Eurpea, menre affama i popoli, spende e spande per meglio godere dei privilegi acocrfdati alla casta, non solo quella politica, sopratutto l’altra, la peggiore, cioè quella burocratica. C’è chi ha scrftto chese  il comunismo è morto,  alla sua morte è sopravissuta la burocrazia, riferendosi a qeula sovietica.  Evidentemente non conosce quella asserragliata nei polverosi e spesso deserti saloni dei palazzi di Bruxelles  e di Strasburgo da dove amministrrano ormai non più la crescita ma la morte per inedia dei popoli europei. Talvolta, purtroppo, con l’aiuto di qualche maldestro professorone italiano, tanto saccente quanto refgrettario alle critiche. Parliamo di Monti, di altri sennò? g.

GLI ELETTORI A CACCIA DI IDEE E FIDUCIA

Pubblicato il 10 dicembre, 2012 in Politica | No Comments »

Come sarà governata l’Italia nei prossimi cinque anni? I cittadini si pongono questa domanda prima di andare al voto. E non è affatto così scontato. La natura della crisi economica, la sua inedita profondità e durata, stanno cambiando il modo con cui vengono scelti i partiti e i candidati. L’appartenenza ideologica in passato era un collante enorme, oggi non fa la differenza, non determina la vittoria e la sconfitta. L’altissimo numero di indecisi che vediamo nei sondaggi dice questa semplice verità: non basta più la bandiera e sui leader c’è un tasso di sfiducia e rancore molto alto. Il partito maggiormente coinvolto dal fenomeno è il Pdl e il suo leader Silvio Berlusconi, ma anche il Partito democratico – che pure vola nei sondaggi – si trova di fronte a questo problema e alla necessità di rinnovare la classe dirigente per non offrire all’elettorato un’immagine già logorata dalla storia degli ultimi vent’anni. Il Pd ha parzialmente risolto il problema con le primarie, ma quando la campagna elettorale affronterà i temi della quotidianità, allora anche nel centrosinistra sorgeranno difficoltà. E il vantaggio diminuirà. Dominano l’inquietudine, l’incertezza, una visione appannata del futuro. Europa, Economia, Fisco, Welfare e Famiglia saranno i punti dell’agenda reale che dovranno essere per forza messi a fuoco in un dibattito per ora virtuale, concentrato su alleanze e candidature, autoreferenziale. Le elezioni saranno vinte da chi si rinnova e presenta progetti concreti agli elettori.Il 2008 è uno spartiacque: non bastano i volti, non serve il traino del leader, occorrono idee buone e persone che trasmettono fiducia e vengono identificate con lo «spirito di servizio». Il governo dei tecnici è stata una risposta necessaria ma insufficiente perché carente di politica e immaginazione. Mario Monti è percepito come una persona seria, autorevole, rispettata in Europa, ma l’esecutivo è di qualità inferiore rispetto al premier. Lo stesso Monti ha un’ottima performance sul piano del prestigio internazionale e della credibilità sui mercati, ma contemporaneamente è vissuto da un pezzo dell’elettorato – di destra e di sinistra – come un superburocrate distante dal popolo. Il cittadino conosce e riconosce entrambe le versioni e per questo è confuso: da un lato sa che abbiamo un fardello colossale di debito pubblico, un’agenda europea e impegni da rispettare; dall’altro lato vive la recessione con crescente tensione e si rende conto che la crescita è lontana e bisogna invertire la rotta ma con una soluzione di discontinuità. Quale? E soprattutto, come? I candidati devono rispondere a queste domande. Non Avere ma Essere. Non contro ma per qualcosa. Non demolire ma costruire. Non «io» ma «noi». Gli italiani in cerca di fiducia. Mario Sechi, Il Tempo, 10 dicembre 2012

ADDIO MONTI (SENZA RIMPIANTI) di Alessandro Sallusti

Pubblicato il 9 dicembre, 2012 in Politica | No Comments »

Monti, offeso dalla non fiducia del Pdl, ha annunciato che si dimetterà subito dopo l’approvazione della legge di stabilità, cioè a giorni.

È il vecchio vizio dei professori, che giudicano ma non sopportano di essere giudicati, che bocciano ma pretendono di essere sempre promossi, per diritto divino.

Voglio essere sincero e non unirmi al coro di chi oggi si straccerà le vesti, supplicherà il professore di non farlo, lo ringrazierà per il lavoro svolto. Io voglio invece stare dall’altra parte, quella delle migliaia di lavoratori e aziende che sotto l’illuminato governo Monti hanno perso il lavoro e chiuso bottega. Voglio stare con chi maledice quell’ingiusta tassa che è l’Imu,con gli esodati espulsi dalla società per l’arroganza professorale della ministra Fornero.

Nessun lutto, quindi. Della presunta credibilità internazionale non si campa. Ristabiliamo la democrazia sospesa poco più di un anno fa da un blitz del presidente Napolitano. Riprendiamoci la sovranità nazionale delegata in modo sciagurato alle banche e all’Europa tedesca. Riprendiamoci, lo dico da detenuto, la libertà: di decidere, di fare, se sarà il caso di soffrire. Non per il vezzo di una casta osannata e sostenuta dai giornali dei poteri occulti, ma perché lo scegliamo noi. Usciamo allo scoperto, votiamo e sia quel che sia.

È il momento di serrare le fila. Prima lo ha fat­to Grillo attraversando a nuoto lo Stretto di Messina ed è sembrato che l’Italia fosse sua. Poi è venuto il momento della sinistra con la bagarre sulle primarie, un bagno mediatico che ha oscurato tutti. Adesso tocca a noi liberali e moderati incazzati. Riprendiamoci lo spazio che ci appartiene senza paure, distinguo e moralismi. Non cadiamo nel tranello dei sensi di colpa. Dobbiamo essere orgogliosi di aver avuto il coraggio di innescare l’addio del governo dei tecnici. Non ci ha dato nulla, non ci avrebbe dato nulla. Anzi, ci avrebbe fatto a pezzi ancora di più.

Che se poi, come si sussurra, Monti si è dimesso anche per non entrare in conflitto col Pdl in vista di una sua possibile elezione al Quirinale, meglio ancora. Vuole dire che, a differenza di quanto si legge qui e là, i liberali di questo Paese non sono morti, ma ancora temuti e rispettati. Come ci compete. Alessandro Sallusti, Il Giornale, 9 dicembre 2012

.……….Si dice anche che  Monti, stizzito e incazzato nero per esssere stato ttrattato come un qualsiasi altro politico, specie se di complemento come lui, stia decxidendo si scendere in campo in prima persona con ua sua lista, intitolata s e medesimo. Se questo accadesse, intanto si avebbe la prova che non sbagliava il PDL a sostenere che se Monti voleva succedere a se stesso, come gridavano alla luna Casini, Fini e, buon ultimo, Montezemolo,  avrebbe dovuto farsi eleggere rinunciando a fare il commissario del popolo nominato da Napolitano e poi si vedrebbe quanto cvale nel cuore degli italiani: rischia di avere una amara sorpresa. Cioè rischia di sapere che gli italiani lo odiano ed hanno ragione. g.

DA CH E PARTE STARE PER EVITARE IL PEGGIO, di Alessandro Sallusti

Pubblicato il 8 dicembre, 2012 in Politica | No Comments »

Caro direttore, ho supportato il presidente Berlusconi con il mio voto nel corso degli ultimi vent’anni.Oggi ap­prendo dai giornali che vuole candidarsi nuovamente.

L’ex premier Silvio Berlusconi e il segretario del Pdl Angelino Alfano

Credo che si tratterà di una tremenda «débâcle».Quali motivazioni dovrebbero giustificare il voto per lui? La paura della sinistra? È tempo di fatti e non di contrapposizioni ideologiche.

Come impiegato pubblico, non mi aumentano lo stipendio da due anni e per i prossimi aumenti dovrò aspettare altri due anni. Ma di che stiamo parlando?
Mi spiace, Giorgio Festa

Caro lettore, rispetto il suo stato d’animo e rispetterò le sue decisioni al momento del voto. A scanso di equivoci, non ho mai fatto e certo non faccio ora mistero della mia personale vicinanza al presidente Berlusconi. Il che, agli occhi di sciocchi e meschini, è letto come mancanza di libertà e capacità di giudizio. Potrei ribaltare il discorso: non è libero chi, facendosi scudo di una presunta indipendenza, semina odio e veleno per fini diversi da quelli dichiarati.

Bene, se lei ha votato prima Forza Italia e poi Pdl, abbiamo certamente un punto in comune: crediamo nelle libertà, pensiamo che lo Stato sia un male necessario da contenere entro steccati precisi e limitati. Berlusconi questo ce lo aveva promesso e per questo lo abbiamo appoggiato. È vero che non è riuscito a farlo in misura apprezzabile, ma è altrettanto vero che non ha mai fatto il contrario. Almeno in questo, ammetta, non siamo stati traditi.

Ora lei dice: avanti un altro. Già, ma chi, con chi è a fare che cosa? Per un anno, l’ultimo, si è cercato di dare una risposta a queste tre domande. La conclusione è che la casa dei liberali non è ancora pronta a cambiare padrone perché alto è il rischio che, approfittando del momento di difficoltà, qualche furbastro la comperi per poi abbatterla. O che finisca affittata e condivisa con inquilini venuti da fuori e senza scrupoli. A quel punto che cosa ne sarebbe dei miei e suoi ideali? Chi proverà a difenderci da uno Stato ladrone, da un fisco famelico, da sindacati fermi a due secoli fa eccetera eccetera? Lei pensa davvero che quella melassa di centristi vecchi e nuovi a caccia di posti e gloria possa essere una alternativa?

Non diamo a Berlusconi anche colpe non sue. Per quello che ne so, era più che disposto a farsi da parte. Se nessuno, a parte Renzi, in questi mesi si è fatto avanti in modo convincente, vuol dire che al momento non c’è alternativa. E allora che facciamo? Non so lei. Io continuerò a battermi contro gli illiberali, i tecnici tassatori, i magistrati che fanno politica. Con qualunque mezzo. Anche con Berlusconi. Ci pensi e mi faccia sapere. Alessandro Sallusti, Il Giornale, 8 dicembre 2012

.……………..Rifletteranno milioni di elettori italiani sulle perplessità del lettore del Giornale e sulle ragioni esposte da Sallusti. Da quel che decideranno i milioni di elettori che si sentono in libera uscita dal PDL,  dipenderà l’esito delle elezioni politiche ormai quasi certamente fissate per il 10 marzo prossimo. Berlusconi ha dichiarato che ritorna per vincere, per farlo deve riconquistare prima ancora che il cervello, il cuore degli elettori che come il signor X si sono sentiti traditi e delusi dal centrodestra, dal PDL e dallo stesso Berlusconi. Ha tre mesi di tempo per farlo. g.



BERLUSCONI LASCIA IL CERINO ACCESO AL PD: IL PDL NON VOTA PIU’ IL GOVERNO.

Pubblicato il 8 dicembre, 2012 in Politica | No Comments »

«Oggi inizia la campagna elettorale ». È un Silvio Berlusconi decisamente di buon umore quello che riunisce a Palazzo Grazioli i vertici di via dell’Umiltà.Una incontro sereno come non accadeva da tempo, aperto da Angelino Alfano a relazionare l’ex premier sul faccia a faccia mattutino con Giorgio Napolitano e chiuso con la promessa di rivedersi a inizio settimana per entrare nei dettagli organizzativi della campagna elettorale.

Domenica, invece, riunione dei big lombardi ad Arcore per fare il punto sulle regionalidella Lombardia e sull’accordo con la Lega ormai blindato.

Una giornata positiva. Con Berlusconi che porta a casa ben due punti. Il primo: nel Lazio si voterà il 3 e 4 febbraio come deciso dal Tar, ma il 10 e 11 marzo dovrebbe esserci l’ election day con il voto per le politiche e quello per Lombardia e Molise. Ed era questo quel che davvero interessava al Cavaliere. Perché una sconfitta nel Lazio potrà sembra essere attribuita ai danni fatti dai vari Fiorito e comunque coinvolgerà in primabattuta gli ex An visto che loro è la roccaforte. Ma soprattutto perché l’accorpamento decisivo è quello con la Lom­bardia, in modo da consentire un accordo complessivo con il Carroccio dando il via libera alla candidatura di Roberto Maroni al Pirellone e giocando sul nazionale con lo schema del 2008 ( più altre liste satelliti). E questo è il primo punto, dicevamo. Anche se a margine della lunga riunione di ieri – presenti Berlusconi, Alfano, Verdini, Cicchitto, Gasparri, Fitto,Lupi,Bonaiuti e Letta – c’è chiobietta che si dovrebbe tornare a premere per un election day complessivo a febbraio.

Perché ritirando gli emendamenti alla legge di stabilità in calendario la prossima settimana si potrebbe chiudere la pratica entro il 20 dicembre. A quel punto via con lo scioglimento delle Camere e voto a febbraio. Insomma, non è escluso che dell’argomento si torni a parlare a inizio settimana, visto che questa seconda opzione avrebbe come conseguenza diretta quella di affossare decisamente qualunque ambizione del centro che già con il voto a marzo faticherà parecchio a organizzarsi.

Il secondo punto, invece, coinvolge direttamente il governo. Perché la presa di distanze è stata netta. Al punto che il Pdl è pronto ad astenersi anche sui prossimi provvedimenti. Napolitano avrebbe provato a mediare, ma la risposta rimbalzata da Palazzo Grazioli pare abbia lasciato poca scelta: il governo Berlusconi ha passato il testimone senza una crisi formale, ma se ci chiedete di sfiduciare Monti alle Camera perché credete che non ne saremo capaci accomodatevi pure, noi siamo pronti. Un punto su cui anche il capo dello Stato sembra abbia dovuto fare un passo indietro, perché un’eventuale sfiducia in aula a Mario Monti significherebbe in qualche modo «bruciarlo» sia nell’ottica di un bis a Palazzo Chigi che di uno sbarco al Quirinale.

Chi non l’ha presa per nulla bene è il Professore che pare non sia stato affatto morbido durante una telefonata con Letta. E pure il Pd è in fibrillazione. L’improvvisa sterzata del Pdl e il fatto di prendere definitivamente le distanze dall’esecutivo è evidentemente un problema. Perché in vista della campagna elettorale e con la seconda rata Imu all’incasso c’è il rischio che siano solo Pd e Udc a sostenere un Monti che negli ultimi mesi – a torto o a ragione – viene percepito come il responsabile di troppe nuove tasse.

Un Berlusconi, dunque, pronto al gran rientro. Ieri ha registrato un messaggio tv, oggi sarà a Milanello a caricare i rossoneri ed è già partito il risiko della campagna elettorale. I carri armati li sposta Verdini. Che punta su Lombardia, Veneto, Campania, Puglia e Sicilia. Con il premio regionale econ i numeri che i sondaggi attribuiscono a Grillo, vincendo in tre di queste regioni il Senato sarebbe di fatto ingovernabile anche se Bersani dovesse prevalere. Fonte: Il Giornale 8 dicembre 2012

……..Era ora!