VITTORIO FELTRI: BERLUSCONI PER FARCELA DEVE CREDERCI E DEVONO CREDERGLI GLI ITALIANI
Pubblicato il 13 gennaio, 2013 in Politica | No Comments »
Preso atto con rassegnazione, e un fitto dolore di ventre, che al di là dei contenuti espressi – sempre discutibili – Silvio Berlusconi giovedì scorso ha dominato la scena nel capannone-studio televisivo di Servizio pubblico, i suoi detrattori ne minimizzano il successo attribuendolo a un uso eccessivo di populismo.

Vocabolo, questo, talmente di moda (sostitutivo di  qualunquismo, ormai dismesso) da essere il più frequente negli articoli  della Repubblica.
L’accusa di populismo viene rivolta non soltanto al  Cavaliere, ma anche a Michele Santoro. Insomma, è tutto un populismo  dilagante che, stando ai commentatori di punta, determinerà l’esito  delle elezioni. Come fosse una scoperta che qualsiasi campagna  elettorale trascuri le questioni tecniche, economiche e politiche,  basandosi quasi esclusivamente sul lato sportivo. I confronti tra  candidati, oggi quanto ieri, sono match: vincono i picchiatori, gli  spiritosi, gli svelti di riflessi, i paraculi.
Su questo terreno il  leader del Pdl è imbattibile. E pensare che l’impianto della  trasmissione santoriana era simile a quello di un processo: mancavano  giusto le toghe, ma il resto c’era tutto. C’erano alcune ragazze pm con  il compito di lavorare ai fianchi l’imputato; il procuratore generale,  Marco Travaglio, uno che sa il fatto suo, incaricato di rifilargli la  stoccata decisiva; Santoro nel ruolo di presidente del tribunale. La  fortuna del reo è stata di non avere un avvocato difensore e di essersi  quindi dovuto arrangiare da sé. Si è arrangiato benissimo. Anzi, il  fatto di essere solo contro tutti lo ha esaltato, gasato, eccitato.  Cosicché ha recuperato la carica per non soccombere e, al momento  opportuno, la lucidità per colpire, come si dice, in «contropiede»,  ottenendo l’assoluzione dai giudici supremi: i telespettatori. Ovvio,  non è stato un vero e proprio processo politico né una tribuna  elettorale, ma un torneo. E nei tornei, inclusi quelli mediatici,  prevale – ripeto – il personaggio più accorto, astuto, rapido.
Chi si  stupisce, chi si rammarica per l’esiguo spessore culturale della  serata, chi si deprime per la vittoria di Berlusconi è un ingenuo e un  disinformato: l’uomo davanti alle telecamere è un mattatore dai tempi  che furono. Non avere valutato questo dato certo è imperdonabile. Come  lo è avere pensato che il berlusconismo fosse tramontato perché  nell’ultimo anno brillava sui giornali l’astro morente di Mario Monti.  Figuriamoci. Il 50 per cento degli italiani non erano, non sono e non  saranno mai di sinistra. Se offri loro un tetto di centrodestra, lo  accettano con sollievo.
Fino a giovedì erano persuasi che il tetto  Berlusconi fosse crollato; quando invece hanno constatato che era ancora  intatto, sono corsi lì sotto a ripararsi. Ciò non significa che il Pdl  sgominerà alle urne il Pd, quanto piuttosto che Pier Luigi Bersani, se  vorrà entrare a Palazzo Chigi, dovrà sudare sette camicie, e forse non  basterà. Le gioiose macchine da guerra esistono soltanto nella fantasia  dei progressisti. Gli anticomunisti non si definiscono più  anticomunisti, ma ci sono ancora, in carne e ossa, e avendo identificato  in Berlusconi un vivo e non un morto gli andranno appresso sino al  seggio.
Se tutti i potenziali berluscones risponderanno alla  chiamata, per i progressisti saranno guai. L’esordio in campagna  elettorale del vecchio leader Pdl è stato eccellente. Ma chi bene  incomincia non è a metà dell’opera: è appena all’inizio. Ora l’ex  premier dovrà stare attento a non commettere i soliti errori (per  debolezza e/o generosità) nella compilazione delle liste. La scelta dei  candidati è un’attività delicata: conviene non abbandonarsi alla  seduzione della gnocca o alle coccole degli adulatori o dei signorsì.  Qui, caro Silvio, serve uno sforzo per resistere a tentazioni molto  umane, ma anche molto pericolose, come già ha sperimentato in un recente  passato. L’occhio vuole la sua parte, d’accordo, ma non c’è mica solo  l’occhio: il cervello, tanto per dire, ha le sue pretese.
Poi c’è il  programma. Inutile scrivere il libro dei sogni senza precisare con quali  risorse realizzarli. Lei, presidente, dice: abolisco l’Imu sulla prima  casa e sostituisco il minore gettito tassando gli alcolici e i tabacchi.  La prego: in questo caso non sarei rovinato solamente io, ma anche i  produttori di vino (che in Italia sono autentiche colonne) e i Monopoli.  Bisogna che il testo programmatico da esibire agli elettori sia breve e  comprensibile: più numeri che parole, altrimenti sembrerà la consueta  buffonata acchiappavoti. Non ci casca più nessuno.
Infine, avere  trionfato a Servizio pubblico e riguadagnato consensi non è sufficiente.  È necessario che lei si misuri in un faccia a faccia sia con Bersani  sia con Monti. Due belle puntatone televisive, di un’ora e mezzo  ciascuna, durante le quali si gioca il tutto per tutto. Vedo già la  scena, assai solleticante. Il bocconiano che tiene una lezione per  dimostrare che salvare l’Italia impoverendo gli italiani è una buona  azione; lei che sciorina una serie di facezie per inchiodarlo al  ridicolo e che propone due o tre cose urgenti da fare per sfamare gli  affamati, la quale non è un’idea nuova, ma nemmeno peregrina. Bersani  che si arrampica sui proverbi piacentini per sostenere che le tasse  educano il popolo a perseguire il bene comune (dei tedeschi); lei che  replica proponendo di detassare l’assunzione dei giovani per incentivare  l’occupazione. Roba semplice che, però, non può rimanere lettera morta.
Per convincere è indispensabile essere convinti. Lei lo è? Se sì, vada avanti a testa bassa. Il traguardo è lontano, però raggiungibile. Nota conclusiva: avranno il coraggio Monti e Bersani di affrontarla in campo aperto? Insista. Se rifiutano, peggio per loro. Se accettano, ancor peggio per loro. Vittorio Feltri, 13 gennaio 2013


Le  nuove tasse sulla proprietà “non hanno un impatto sulle disuguaglianze  in Estonia e Italia” ed è previsto che determinino “un leggero aumento  della povertà in Italia”. Lo scrive nel suo rapporto sull’occupazione e  gli sviluppi sociali la Commissione Ue, con riferimento alla  reintroduzione dell’Imu sulla prima casa nel 2012. Secondo il rapporto,  anche se la nuova tassa comprende alcuni aspetti di equità, altri  potrebbero essere “ulteriormente migliorati per aumentarne la  progressività“. In particolare, la Commissione cita l’aggiornamento dei  valori catastali, le deduzioni non legate alla capacità dei contribuenti  a pagare le imposte sul reddito, una definizione di residenza  principale e secondaria.
